02/07/09

Appuntamento a ottobre!

Diritti Negati dà appuntamento a ottobre su questo blog per le novità sulla rassegna...

Buona estate!

01/06/09

Documento politico RomaPride 2009

Nel 1969, a New York, la ribellione nel bar gay allo Stonewall Inn, nel Greenwich Village, fece la storia del movimento lgbtq. La notte del 27 giugno la polizia vi irruppe, come aveva già fatto decine e decine di volte, in maniera prepotente e minacciosa. Al contrario delle altre volte l’ulteriore angheria produsse stavolta una reazione a catena. Sylvia Rivera, transgender, insieme a tante e tanti altri si opposero a questo ulteriore sopruso con tre giorni di scontri, dando inizio a proteste e contestazioni che da New York dilagarono dapprima negli Stati Uniti e poi in tutto il mondo. Oggi la ribellione di Stonewall è universalmente riconosciuta come data di nascita del movimento di liberazione di lesbiche, gay e transgender/transessuali.

A quarant’anni da quella data il RomaPride 2009 ricorda e difende quel momento storico come nostra memoria collettiva, utilizzando i mezzi essenziali e congeniali ad ogni Pride: un corteo pieno di musica, allegria, proposte, liberazione, lotta e creatività unitamente a richieste, rivendicazioni politiche e opposizione verso ogni repressione e ogni negazione del riconoscimento di fondamentali diritti civili. Il Pride è il momento di maggiore visibilità della comunità lgbtq e si pone a coronamento di un’attività politica e sociale quotidiana fatta di relazioni con le istituzioni, le forze politiche e con la società civile, con i media per dare spazio alle richieste di rinnovamento della società. Nel Pride si ritrovano convergenti ed unite, in un corteo pacifico e propositivo, tutte le persone e le soggettività politiche ed associative che si battono per costruire una società inclusiva, laica, aperta, solidale, capace di accogliere le diversità e che rifugga dall’omologazione, rifiutando a gran voce e con convinzione i tentativi di trasformare le singole persone in soggetti identici, immobili, ubbidienti, silenziosi e nascosti.

“Liberi tutti, libere tutte” è lo slogan del RomaPride 2009.

Lesbiche, gay, bisessuali, transgender/transessuali, queer e tante/i donne e uomini libere/i sfileranno a Roma come accade ogni anno sin dal 1994. Il 13 giugno 2009 un corteo forte di idee, libero, gioioso, pacifico, orgoglioso e rivendicativo attraverserà le strade della Capitale. E come sempre il RomaPride sarà di tutti/e coloro che vorranno viverlo con entusiasmo, passione e gioia di vivere, per la piena visibilità delle scelte di vita, che devono essere libere per tutti e tutte.

Al grido di “Liberi tutti, libere tutte” il corteo attraverserà la città con le stesse rivendicazioni degli ultimi anni, che si possono riassumere in Parità, Dignità, Laicità. Queste parole costituiscono l’essenza delle richieste e delle esigenze dei cittadini e delle cittadine lesbiche, gay, bisessuali, transgender/transessuali e queer, ma rappresentano anche le basi di una democrazia libera e matura che, in questo momento storico e politico nel nostro Paese sembrano allontanarsi ogni giorno di più. La completa indifferenza alle istanze e alle necessità della comunità lgbtq, a differenza di altri paesi europei dove i movimenti hanno raggiunto dei traguardi almeno legislativi per le persone lgbtq, per le loro relazioni, per le loro famiglie, per i loro figli e le loro figlie, evidenziano il clima repressivo e clericale dell’Italia e pongono il nostro Paese all’ultimo posto di una classifica che non gli fa onore.

In questa fase della storia italiana, mortificata da un clima di integralismo ideologico, la liberazione riguarda tutte e tutti. Inoltre ricordiamo anche la legge sulla procreazione assistita, ideologica e incongrua, come del resto ha affermato anche la Corte Costituzionale; le scelte del governo rispetto ai temi etici, arretrate e spinte dall’idea di una morale unica di Stato, così come si prospetta ultimamente con la legge sul testamento biologico, che vorrebbe imporre a tutti come morire. Ma anche gli interventi sulla sicurezza non sono degni di un Paese responsabile, solidale e pluralistico, dunque libero, nel momento in cui si scelgono le incontrollabili ronde private oppure si imputa a stranieri/e, o in generale a diversi/e di essere fonte e problema delle violenze e delle insicurezze sociali. A favorire talune di queste operazioni è la continua, inopportuna e grave ingerenza politica delle gerarchie vaticane che, forti di una loro presenza trasversale all’interno dei partiti, usano il sentimento religioso per precludere anche la sola discussione di leggi contro l’omofobia, la lesbofobia e la transfobia e per la tutela dei diritti della comunità lgbtq. Si denuncia quindi come la carenza di laicità abbia ricadute negative e talora drammatiche sulle nostre vite.

Per quanto riguarda i diritti sociali, civili e umani la protesta della comunità lgbtq è e sarà vibrante ed irrinunciabile. L’attuale governo è restio a qualsiasi dibattito sui diritti civili e sociali, nonostante il senso comune dei cittadini e delle cittadine stia cambiando in positivo rispetto alle tematiche e alle richieste lgbtq, e sia molto più laico e aperto in generale. I contenuti culturali e conservatori proposti dalla destra su questi temi vengono utilizzati in maniera strumentale e ipocrita: la comunità lgbtq viene spesso accusata di pretendere diritti che non le spettano, di minare alle basi la società civile con la richiesta di riconoscimenti delle coppie omosessuali e di leggi che le tutelino, di insidiare e indebolire la famiglia “naturale” con il riconoscimento delle nuove famiglie, tra cui anche quelle omogenitoriali.

Perdura quindi una colpevole disattenzione legislativa per una grande percentuale di cittadine e cittadini italiani, nonostante le persone lgbtq continuino ad avere le stesse vite e le stesse esigenze.

Il messaggio alla politica istituzionale deve essere chiaro: alle posizioni retrograde del Pdl reagiamo fermamente con la nostra protesta. Del resto ribadiamo le nostre critiche al Partito Democratico per le proprie posizioni tiepide ed ambigue sul tema dei diritti civili e sociali. Quindi a tutte le forze politiche indistintamente richiediamo una maggiore attenzione rispetto agli stimoli e alle proposte che provengono dai singoli/e cittadini/e, dalle associazioni, dalle reti e dai movimenti. Il nostro momento unitario di lotta e di visibilità, il Pride, è l’occasione per tutte le forze politiche di prendere una posizione rispetto a temi etici, sociali e civili che non riguardano ormai solo le persone lgbtq ma che investono tutta la cittadinanza.

Il RomaPride 2009 è, da questo punto di vista, il luogo dove hanno cittadinanza i diritti di tutti e tutte, la manifestazione con la massima esposizione dei corpi e delle idee, della libertà, della solidarietà, della varietà di orientamenti sessuali, dell’ identità di genere e della fantastica ricchezza delle differenze etniche, politiche e religiose.

“Liberi tutti, libere tutte” rivendica l’antifascismo, l’antisessismo e l’antirazzismo quali elementi indispensabili e centrali per ogni lotta di liberazione e ribadisce il proprio carattere pacifico e di lotta alla violenza in tutte le sue forme, affermando la sua vocazione contro ogni forma ditotalitarismo, sia esso teocratico, economico, politico o sociale. Il RomaPride 2009 ribadisce anche la propria incontestabile ed ineluttabile affinità con le rivendicazioni del movimento femminista riaffermando che il destino di una società progressista ed evoluta passa anche attraverso l’autodeterminazione delle donne e la piena cittadinanza delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender/transessuali e queer.

Il RomaPride 2009, con la sua marcia pacifica, è una forma di autodifesa per ogni lesbica, gay, bisessuale, transgender/transessuale e queer dall’omofobia, dalla lesbofobia e dalla transfobia, così come ribadisce la sua difesa dalla violenza fisica e la denuncia del sistema patriarcale come causa delle violenze contro le donne, i minori, i disabili, le lesbiche, i gay e le persone transgender/transessuali.

http://www.romapride.it

26/05/09

Contro omofobia e transfobia

In occasione della Giornata Internazionale contro l'Omofobia, Diritti Negati chiude l'ottava serata - dedicata al diritto alla non discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale - con l'intervento di Andrea Maccarrone del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli.



14/05/09

Domenica 17 maggio: STONEWALL

Alle origini del Gay Pride
Liber@ di essere

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”
Costituzione della Repubblica Italiana, Art. 3


Domenica 17 maggio - in occasione della V Giornata Internazionale contro l'Omofobia - alle 20.30 l'ultimo appuntamento con "Diritti Negati", la rassegna di cinema sociale sul tema della violazione delle libertà personali e dei diritti fondamentali organizzata dal Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli presso la sede in via Efeso 2a, metro B “Basilica S. Paolo”.

Ad aprire la serata sul Diritto alla non discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale l'intervento dello stesso Circolo Mario Mieli, da oltre 25 anni impegnato nella lotta per la rivendicazione e la tutela dei diritti civili delle persone glbtq (gay, lesbiche, bisessuali, trans/gender, queer) nonché organizzatore del Gay Pride romano.

A seguire, proiezione di
STONEWALL (di Nigel Finch, UK 1995)
per conoscere da dove hanno origine le manifestazioni dell'orgoglio omosessuale che da decenni si svolgono in numerose città del mondo.

Saranno inoltre presenti i ragazzi di Amnesty International - gruppo 251 di Roma, per raccogliere firme a sostegno delle loro petizioni.

12/05/09

Articolo 21 a Diritti Negati

L'intervento di Santo Della Volpe, giornalista del TG3 e rappresentante di Articolo 21.







03/05/09

Domenica 10/05: GOOD NIGHT, AND GOOD LUCK

“Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione e di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”
ONU, Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, Art. 19

Un coraggioso giornalista Tv si batte contro McCarthy e la sua "caccia alle streghe".
Una lezione di liberalismo autentico che prende spunto dal passato

È la sera del 25 ottobre 1958, una cena celebra l’attività di Edward R. Murrow, anchorman e giornalista della Cbs, conduttore del talk show Person to Person e del notiziario See It Now: foto di gruppo, brusio di voci, il blues nell’aria. In controluce, delineato dal fumo della sigaretta, ecco il profilo di Murrow, che poi sale sul podio a parlare. Parole dure e quiete: siamo tutti grassi e felici, la televisione è fatta per distrarci e isolarci, riflette solo evasione e decadenza…

Stacco: 14 ottobre 1953. Comincia qui, durante una normale riunione di redazione, la guerra privata di Ed Murrow (che durante la Seconda guerra mondiale si è fatto una grande reputazione con i suoi reportage da Londra squassata dalle bombe naziste) contro il moloch aggressivo che minaccia le libertà elementari degli Stati Uniti: il senatore Joseph McCarthy, che con la sua Commissione per le attività antiamericane sta indagando, processando, rovinando chiunque gli capiti a tiro, chiunque si ostini a difendere la libertà di parola, di opinione, di circolazione, di espressione. La paura e il sospetto sono nell’aria, ma Murrow e la Cbs non si tirano indietro.

Di questo parla Good Night, and Good Luck: di televisione, che deve anche ”istruire e illuminare; altrimenti sono solo fili e luci in una scatola”, e di liberalismo autentico, dove esistono contraddittorio e informazione, e di una sfida vinta per tenacia.

George Clooney parla di un episodio del passato pensando al presente, e lo fa con un coraggio che è non solo ideale, ma soprattutto stilistico. Chiuso tra gli uffici e gli studi della Cbs e il bar all’angolo dove si ritrovano i giornalisti (a parte due brevissime scene familiari), ostinatamente attaccato ai volti e ai gesti dei personaggi e ai loro dialoghi serrati, scandito con una velocità adrenalinica che però sa anche prendersi minuti di silenzio, "Good Night, and Good Luck" rielabora una struttura classica (quella dei Kazan-Lumet-Penn degli anni ‘50 e ’60) con i piani sequenza, l’overlapping dialogue e gli zoom del cinema Usa anni ’70, di Altman e Scorsese. Non divaga, non “alleggerisce”, non concede spazi alla distrazione. Con un bianco e nero pastoso e contrastato, dialoghi stringati alla Ben Hecht, un cast esemplare (David Strathairn, attorniato da Clooney, Daniels, Langella, Downey jr. e gli altri), tiene in perfetto equilibrio il piacere della narrazione e l’esigenza morale.


Domenica 10 maggio 2009 h.20,30
Good night, and good luck (di George Clooney, USA 2005)


Ad aprire la serata sul Diritto alla libertà di espressione l'intervento di Giuseppe Giulietti di Articolo 21, associazione da sempre impegnata per un'informazione critica e indipendente.

26/04/09

Casa dei Diritti Sociali, C.I.R. e Città dell'Utopia a DN

Gli interventi di Carla Baiocchi della Casa dei Diritti Sociali-FOCUS, Marina Bozzoni del Consiglio Italiano per i Rifugiati e Caterina Amicucci della Città dell'Utopia alla sesta serata di Diritti Negati, dedicata al diritto alla libertà di movimento e diritto di asilo.







15/04/09

Migranti, rifugiati e libertà di movimento

In un mondo dove merci e capitali circolano liberamente, la maggior parte degli uomini non possono farlo...

“Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni”
ONU, Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, Artt. 13 e 14

Domenica 19 aprile alle 20.30 sesto appuntamento con "Diritti Negati", dedicato al Diritto alla libertà di movimento e diritto di asilo.

Ben tre gli interventi di apertura previsti: quello del C.I.R. - Consiglio Italiano per i Rifugiati, quello della Casa dei Diritti Sociali-FOCUS e quello della Città dell'Utopia. Per parlare di migranti e accoglienza, "viaggi della speranza" e traffico di uomini.

A seguire, proiezione del film
COSE DI QUESTO MONDO
("In this world", di Michael Winterbottom, UK 2002)
Orso d'Oro al Festival di Berlino 2003

Saranno inoltre presenti i ragazzi di Amnesty International - gruppo 251 di Roma, per raccogliere firme a sostegno delle loro petizioni.

Il Consiglio Italiano per i Rifugiati è un’organizzazione umanitaria indipendente costituitasi sotto il patrocinio dell’Alto Commissariato della Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR). Il suo obiettivo è la difesa dei diritti dei rifugiati e dei richiedenti asilo in Italia.

La Casa dei Diritti Sociali è un'associazione di volontariato laico impegnata nella promozione dei diritti umani e sociali dei settori più deboli della popolazione in Italia e nel Sud del mondo.

La Città dell’Utopia, infine, è un laboratorio sociale e culturale che affronta i principali temi legati ad un nuovo modello di sviluppo locale e globale, più equilibrato, sostenibile e giusto.

12/04/09

Domenica 19/04: COSE DI QUESTO MONDO

L'odissea di due profughi afgani, dal Pakistan a Londra

Orso d’oro al Festival di Berlino 2003

La storia di due ragazzi afgani, Jamal e Enayatullah, che dal campo profughi di Peshawar in Pakistan rischiano la vita per riuscire a raggiungere la loro terra promessa, un occidente incommensurabilmente ricco rispetto allo scenario da cui i due giovani provengono e attraverso cui, in un’odissea on the road fra trafficanti di uomini, clandestinità e umiliazioni, sono costretti a passare.

"Cose di questo mondo" non è un documentario in senso stretto, appartiene di più al filone della docu-fiction. Non è un documentario perché la vicenda narrata non è accaduta realmente e si basa su di una, seppur esilissima, sceneggiatura e utilizza un montaggio e una colonna sonora, anche se assume la realtà come mondo di referenza, e la messa in scena è ridotta al minimo: gli attori non professionisti, la luce esclusivamente naturale, una troupe "leggera", e il ricorso alla manovrabilità fisica e alla "trasparenza estetica" del video.

Il film di Michael Winterbottom non è certamente un film perfetto. Prima di tutto perché non è un film, come detto, e non raggiunge il risultato estetico che ci si aspetterebbe da un film, ma soprattutto perché non contiene quella riflessione sul cinema che sembra esser diventata la condizione necessaria e sufficiente per rendere il cinema semidocumentario "digeribile" al pubblico, ma soprattutto alla critica occidentale.

Ma se non c’è più la metafora, rimane comunque uno sguardo, quello di Winterbottom, che ha il coraggio di raccontare una parte della realtà meno (ri)conosciuta di questo mondo, che accade adesso e che vuole impegnare le coscienze e gli sguardi di un pubblico occidentale che troppo spesso, questa sì è ipocrisia, vuole ostinarsi a pensare e vedere quello che non ha sotto gli occhi attraverso una mistificazione che ha nel registro grottesco e nei contenuti del kitsch (East is East, Jalla Jalla) la sua essenza più genuinamente globalizzante. Da donare alla vista, perché il fine (l’impegno civile) a volte deve fare a meno dei mezzi (le forme patinate), per farsi documento dei tempi.

Winterbottom ha volutamente scelto i protagonisti del film nei campi profughi di Peshawar, cosa che lo ha costretto a ridurre all’osso la sceneggiatura, lasciando gran parte dei dialoghi all’improvvisazione dei due personaggi reali. Anche la regia, che ricalca lo stile documentaristico, si affida alla praticità e maneggevolezza di una piccola videocamera digitale e all’assenza di illuminazione artificiale, rinunciando per scelta etica a qualsiasi estetica.

Lo spettatore si identifica così perfettamente nella sofferenza e fatica dei due giovani protagonisti, i cui volti rimarranno scolpiti a lungo nella memoria. Il desiderio dichiarato del regista è mostrare le condizioni di non vita di milioni di persone, non solo chi è perseguitato politicamente e che è oggetto di un trattamento più morbido da parte delle autorità occidentali, ma soprattutto chi è spinto dalla miseria e dall’assenza di prospettive a cercare la fortuna all’estero.

L’obiettivo è sensibilizzare l’opinione pubblica a fronte di una migrazione di popoli che ha assunto ormai dimensioni epocali e che non potrà non avere ripercussioni sulla vita di ognuno di noi. Colpiscono lo spettatore anche le scene in cui i ragazzi vendono oggetti inutili, chiedendo di fatto l’elemosina, e che gli occidentali rifiutano garbatamente eppure fermamente. L’indifferenza coinvolge noi tutti e ci rende colpevoli e complici di un traffico di persone che arricchisce la malavita e anche nostri connazionali “onesti” che speculano sulla pelle di persone che non hanno più nulla da perdere.

Un film di denuncia, utile e necessario, che scuote le coscienze di ognuno di noi risvegliandoci dal torpore televisivo e mediatico in cui sembriamo essere irrimediabilmente sprofondati.

(Massimiliano Troni e Mariella Minna, www.centraldocinema.it)

01/04/09

Zygmunt Bauman e Mike Davis

sull'ossessione sicurezza nella metropoli contemporanea


AL DI LA' DELLA LEGGE (di Zygmunt Bauman)

«Oggi sappiamo», scrive Thomas Mathiesen, «che il sistema penale colpisce le fasce sociali basse» piuttosto che quelle alte. Ciò dipende dalle intenzioni esplicitamente selettive dei legislatori, preoccupati, com'è logico, non della conservazione dell'«ordine in quanto tale», ma di una determinata forma di ordine. Le azioni che potrebbero essere commesse da individui esclusi da quell'ordine sono menzionate nel codice penale, invece derubare intere nazioni delle proprie risorse si chiama «promuovere il libero mercato» e privare famiglie e comunità dei mezzi necessari alla sussistenza si chiama «ridimensionamento» o semplicemente «razionalizzazione». Niente di tutto ciò è mai comparso nella lista degli atti criminali e passibili di punizione.

Inoltre, come ogni unità di polizia diretta contro i «crimini gravi» sa bene, i reati commessi nelle «alte sfere» sono estremamente difficili da far emergere in mezzo alla fitta rete delle attività «ordinarie» e quotidiane delle aziende. Nelle attività che perseguono il profitto personale a spese altrui, il confine tra ciò che è permesso e ciò che non lo è diventa labile e costantemente controverso, nulla a che vedere con atti come scassinare una cassaforte o forzare una serratura.

Non sorprende che, come sostiene Mathiesen, le carceri siano «piene di persone di estrazione sociale povera che hanno commesso furti e altri reati "tradizionali"». Proprio perché definiti in modo insufficiente, i reati «delle alte sfere» sono anche terribilmente difficili da scoprire e ancor più da perseguire. Vengono perpetrati all'interno di circoli chiusi, composti da persone legate da reciproca complicità, lealtà verso l'organizzazione ed "esprit de corps", persone che generalmente adottano sofisticate misure per localizzare, far tacere o eliminare i potenziali controlli.

Tale livello di sofisticazione legale e finanziaria è virtualmente impossibile da penetrare per chi sta fuori. E poi «non hanno un corpo», esistono in uno spazio etereo di pura astrazione: sono letteralmente invisibili, ed è necessaria un'immaginazione analoga a quella di chi commette i reati per cogliere la sostanza di una forma sfuggente. Come a voler proteggere il «crimine delle alte sfere», il controllo in questi ambienti è generalmente incostante o raro, nel peggiore dei casi inesistente. Solo una frode colossale, una truffa le cui vittime - pensionati o piccoli risparmiatori - abbiano un nome e un cognome (e anche in quel caso è necessario attivare le esagerazioni di piccoli o grandi eserciti di giornalisti), può attirare l'attenzione del pubblico e di tenerla fissa per più di uno o due giorni. Il crimine «delle alte sfere» (generalmente «alte» in senso extraterritoriale) può contribuire, o addirittura determinare il senso di insicurezza esistenziale dei cittadini ed è così rilevante per l'Unsicherheit da opprimere gli individui della società tardo-moderna ossessionandoli con la loro sicurezza personale; tuttavia, nemmeno usando grande immaginazione esso può essere percepito, di per sé, come una minaccia a tale sicurezza.

Il pericolo che può essere identificato nel «crimine delle alte sfere» è di ordine totalmente differente. Trovare il modo di portare i colpevoli davanti alla giustizia potrebbe alleviare le paure quotidiane ascrivibili a pericoli più tangibili che si annidano nei quartieri violenti delle città. Tuttavia non si ottiene un grosso capitale elettorale «mostrando di fare qualcosa» contro i «crimini delle alte sfere». E altrettanto poca è la pressione politica esercitata sui legislatori e sui tutori dell'ordine affinché si impegnino a rendere più efficace la lotta contro questo genere di reati. Non c'è paragone con il clamore pubblico che si solleva contro ladri di macchine, scippatori, violentatori, e anche contro i tutori di legge e ordine sospettati di non svolgere efficacemente il proprio lavoro, o di essere troppo indulgenti nel comminare pene carcerarie «a chi se lo merita».

Infine, c'è il grande vantaggio di cui la nuova élite globale gode rispetto ai tutori dell'ordine: l'ordine è locale, mentre l'élite e le leggi cui obbedisce il libero mercato sono translocali. Se i tutori dell'ordine locale diventano troppo invadenti, c'è sempre la possibilità di spostarsi. Ci sono sempre posti dove l'ordine locale non si scontra con le attività del mercato globale, oppure dove i tutori dell'ordine sono pronti a chiudere un occhio.

Tutti questi fattori convergono in un risultato: l'identificazione del crimine con l'underclass (sempre locale) oppure - il che è lo stesso - la criminalizzazione della povertà. Le tipologie criminali più comuni provengono, agli occhi dell'opinione pubblica e quasi senza eccezioni, dai gradini più bassi della società.
I ghetti urbani e le no-go-areas sono considerati terreno fertile per il crimine e i criminali. Nel 1940 Donald Clemmer coniò il termine «prigionizzazione» per indicare i veri effetti della reclusione, profondamente diversi dall'impatto di «rieducazione» e «riabilitazione» che gli attribuiscono i suoi teorici e sostenitori. Clemmer trovò i detenuti assimilati a una «cultura del carcere» profondamente rigida che li rendeva ancora più incapaci di seguire le regole della vita «normale». Come tutte le culture, anche quella del carcere aveva la capacità di auto-riprodursi. Il carcere era e rimane, secondo Clemmer, una scuola di criminalità. Nel 1954 Lloyd McCorkie e Richard R. Korn pubblicarono altre riflessioni che portarono alla luce i meccanismi che rendono le carceri scuole di criminalità. Secondo i dati da loro raccolti, l'intero processo culminante nell'incarcerazione è, in un certo senso, un lungo e strutturato rituale di rifiuto simbolico ed esclusione fisica. Rifiuto ed esclusione puntano a ottenere, attraverso l'umiliazione, che i rifiutati e gli esclusi accettino la propria inferiorità sociale.

Non sorprende allora che le vittime organizzino la loro difesa. Anziché accettare umilmente il rifiuto e convertirlo in auto-esclusione, preferiscono rifiutare chi li esclude. Per questo scopo, gli esclusi ricorrono ai mezzi a loro disposizione, che contengono tutti una certa dose di violenza: la sola risorsa che possa aumentare il loro «potere di disturbo» e che possono opporre allo schiacciante potere di chi li esclude. La strategia di «rifiutare chi li esclude» si fonde rapidamente con lo stereotipo dell'escluso, annettendo all'immagine del criminale il tratto della «propensione alla recidiva».

Le carceri appaiono allora come strumento principale di una profezia auto-avverante. Questo non significa che il crimine non abbia altre origini, significa però che l'esclusione e il rifiuto messi in atto dal sistema carcerario sono parte integrante della produzione sociale del crimine, la cui influenza non può essere nettamente estrapolata dalle statistiche complessive sull'incidenza della criminalità.

(tratto da "Questioni sociali e repressione penale", estratto da "Periferie dell'impero. Poteri globali e controllo sociale" a cura di Silvio Ciappi, DeriveApprodi, 2003)


FORTEZZA LOS ANGELES (di Mike Davis)

Dai giardini ricamati del Westside benestante spuntano come pianticelle inquietanti i cartelli che minacciano 'Risposta Armata!'. I quartieri ancora più esclusivi, situati nei canyon e sulle colline, si isolano del tutto dietro a muri di cinta impenetrabili, sorvegliati da telecamere e guardie armate. A Downtown, il nuovo piano regolatore ha fatto del distretto direzionale della città un vero e proprio castello feudale, le cui torri scintillanti sono separate dai quartieri poveri che le circondano da monumentali bastioni architettonici. A Hollywood, Frank Gehry, star dell'architettura locale, noto per il suo «umanesimo», crea l'apoteosi del look da stato d'assedio con una biblioteca pensata come un fortino della legione straniera. Nel distretto di Westlake e nella San Fernando Valley, la polizia impegnata nella «guerra alla droga», erige barricate permanenti nelle strade e sigilla interi quartieri poveri. A Watts, il costruttore Alexander Haagen ha presentato il suo progetto per ricolonizzare i centri urbani fatiscenti: un centro commerciale «panottico» circondato da reticolati metallici e un distaccamento permanente di polizia, in una torretta di sorveglianza. Infine, alle soglie del prossimo millennio, un ex-capo della polizia propone un «occhio gigante» contro il crimine - un satellite geostazionario a uso delle forze dell'ordine.

Benvenuti nella Los Angeles postliberal, dove la difesa dei livelli di vita di maggior lusso si traduce nella continua repressione dello spazio e del movimento, appoggiata dall'onnipresente Risposta Armata. Questa ossessione per i sistemi di sicurezza fisica e, contemporaneamente, per il controllo architettonico delle delimitazioni sociali, è diventata lo zeitgeist della ristrutturazione urbanistica, il tema centrale del nuovo ambiente edificato degli anni '90. Eppure, la teoria urbanistica contemporanea, pur dibattendo il ruolo delle tecnologie elettroniche nello spazio postmoderno e discutendo la dispersione delle funzioni urbane in una serie di «galassie» nell'agglomerato metropolitano policentrico, ha stranamente evitato di riconoscere la militarizzazione della vita cittadina così cupamente evidente a chi percorre le strade. Nelle sue apocalissi fantascientifiche Hollywood si è rivelata più consapevole e politicamente percettiva, rappresentando una superficie urbana indurita dalle polarizzazioni dell'era reaganiana. Immagini di centri urbani coatti (Fuga da New York, Running Man), squadre della morte poliziesche ad alta tecnologia (Blade Runner), edifici dotati di sensi (Die Hard), Bantustans urbani (They live!), guerriglie urbane di tipo vietnamita (Colors) e così via, per limitarci solo alle tendenze attuali.

Queste visioni distopiche indicano quanto l'odierna faraonica escalation nella sicurezza commerciale abbia soppiantato le speranze di una riforma urbana e di un'integrazione sociale. Le predizioni pessimiste fatte nel 1969, durante l'amministrazione Nixon, dalla National Commission on the Causes and Prevention of Violence si sono tragicamente avverate: viviamo in «città fortezze», brutalmente divise in «cellule fortificate» della società benestante e «luoghi di terrore» dove la polizia combatte i poveri criminalizzati. La Seconda Guerra Civile, cominciata nelle lunghe estati calde degli anni Sessanta è stata istituzionalizzata nella struttura dello spazio urbano. Il vecchio paradigma liberal di un controllo sociale che tenta di bilanciare repressione e riforma, è stato ormai sostituito da una retorica di guerra sociale nella quale gli interessi della middle class e delle classi povere non vengono più presi in considerazione. In città come Los Angeles, sulla cattiva strada della postmodernità, si può osservare la fusione senza precedenti della progettazione urbana, dell'architettura e dell'apparato di polizia in un unico, totale, sistema di sicurezza.

Questa coalescenza epocale ha importanti implicazioni per le relazioni sociali nell'ambiente edificato. In primo luogo, il mercato della sicurezza genera di per sé una sua domanda paranoica. La sicurezza diviene così un bene posizionale definito dall'accesso che il reddito consente a «servizi di protezione» privati o all'appartenenza a speciali enclaves residenziali e quartieri controllati. Come simbolo di prestigio - e qualche volta come linea di demarcazione fra coloro che sono semplicemente benestanti e i veramente ricchi - la sicurezza è unità di misura di una incoluminità personale, ma più ancora dell'isolamento dell'individuo da gruppi e persone indesiderabili nella sfera dell'habitat, del lavoro e dei viaggi.

(tratto da "La città di quarzo. Indagine sul futuro di Los Angeles" di Mike Davis, manifestolibri, 1993)

31/03/09

Domenica 5 aprile: LA ZONA

Manie securitarie e paranoia sociale nella metropoli contemporanea
...arriveremo a questo?

La Zona è il nome del quartiere di Città del Messico dove vive Alejandro, un ragazzo di una famiglia agiata. Più che quartiere però, è un ghetto per ricchi, protetto da cinzioni e guardato a vista da poliziotti privati.
Nonostante tutta questa sicurezza, il giorno del compleanno di Alejandro tre ragazzi che provengono dai sobborghi poveri intorno alla Zona riescono a penetrarvi per compiere una rapina...

Il film sorpresa delle Giornate degli Autori 2007 a Venezia rivela l’evidenza che sta sotto i nostri occhi: l’ipercontrollo della privacy e la frustrazione del giustiziere che si vendica senza aspettare la polizia. L’immagine del quartiere metropolitano richiama esemplarmente l’idea di politica planetaria della “sicurezza”: dalla profezia orwelliana alla sorveglianza dei nostri amministratori locali. E infatti l’atmosfera di normalità della tensione è perfetta.

(da www.film.tv.it)


“Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale”
ONU, Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, Articolo 22

Domenica 5 aprile alle 20.30 quinto appuntamento con "Diritti Negati". Serata dedicata al Diritto alla sicurezza, con l'intervento di Grazia Naletto - curatrice del libro "Sicurezza di chi? Come combattere il razzismo" (Edizioni dell'Asino) - per parlare delle derive securitarie nella metropoli contemporanea.

Ricercatrice e vicepresidente di Lunaria, da sempre attiva nella promozione di iniziative per i diritti dei cittadini migranti, Grazia Naletto ha condotto studi e inchieste sui processi di inclusione economica e sociale dei cittadini di origine straniera.

A seguire, proiezione del film
LA ZONA (di Rodrigo Plà, Messico 2007)

Vincitore di premi da parte di pubblico e critica nei seguenti festival:
Ariel Awards, Mexico
Athens International Film Festival
Bratislava International Film Festival
Cartagena Film Festival
Fribourg International Film Festival
Miami Film Festival
Montréal Festival of New Cinema
San Diego Latino Film Festival
San Francisco International Film Festival
Sant Jordi Awards
Stockholm Film Festival
Toronto International Film Festival
Venice Film Festival

30/03/09

Amnesty per le donne nel mondo

L'intervento di Paola Crobu, Lara Vurro e Andrea Ruggiero del Gruppo 251 di Amnesty International - Sezione Italiana a Diritti Negati.





26/03/09

Domenica 29 marzo: MAGDALENE

Il calvario delle donne segregate nei conventi delle suore della Misericordia.
Con coraggio Peter Mullan sfida la Chiesa cattolica irlandese

Margaret, Rose e Bernadette sono tre ragazze che vivono nella contea di Dublino negli anni '60: la prima è stata violentata da un amico durante una festa nuziale, la seconda ha avuto un bambino senza essere sposata e l'ultima ha scambiato qualche parola con alcuni coetanei fuori dalla cancellata dell'orfanotrofio nel quale vive. Considerate peccatrici, vengono rinchiuse in uno dei conventi "Magdalene", gestiti dalle suore della Misericordia per conto della Chiesa cattolica. A loro si aggiunge Crispina, una povera ritardata (anche lei ragazza-madre) che viene trasferita in manicomio quando rivela pubblicamente i servigi sessuali resi al pastore del convento. Per espiare i peccati, sono costrette a lavorare in lavanderia per 8-10 ore al giorno, sette giorni la settimana, senza alcuna retribuzione...

La barbarie istituzionale, con la complicità di famiglie bigotte e benpensanti, allarga le sue ombre sulla "civilissima" cultura occidentale. Ci voleva uno scozzese pazzo, coraggioso e visionario come Mullan per fare questo film; uno che aveva già scoperchiato una chiesa verso il finale di Orphans, il suo primo lungometraggio (del 1997), e non si è lasciato intimorire dagli ostacoli opposti al suo progetto dalla Chiesa cattolica irlandese. Duro e appassionato come un feuilleton e altrettanto incredibile, ma basato su storie vere. Mullan sa trattare il realismo con antirealistica crudezza: ossessione, paura, orrore riflesso in una pupilla insanguinata. Leone d'oro a Venezia 2002.

Nei conventi delle suore della Misericordia, sino agli anni ’60, almeno 30.000 donne sono vissute come ai lavori forzati, lavando e stirando per conto terzi, per 364 giorni all’anno (tranne Natale, quando ricevevano un’arancia a testa), frustate, umiliate, letteralmente deprivate, quasi sempre dall’adolescenza alla morte.
Non siamo nei secoli bui della rivoluzione industriale o negli oscuri sobborghi dell’anima dickensiani. “Magdalene” comincia nel 1964, quando a Dublino le ragazze portano la minigonna e i capelli cotonati, e gli ultimi conventi Magdalene (il nome veniva da Maria Maddalena, che espiò i suoi peccati nella miseria e l’autoflagellazione) sono stati chiusi nel 1996.

(da http://www.film.tv.it/)

24/03/09

Contro machismo e violenza sulle donne

“Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona. Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù”
ONU, Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, Articoli 3 e 4

Domenica 29 marzo alle 20.30 quarto appuntamento con "Diritti Negati", dedicato al diritto alla vita e alla libertà individuale.

Ad aprire la serata ancora una volta Amnesty International - Sezione Italiana, con il gruppo 251 che presenterà la campagna "Mai più violenza sulle donne": per parlare di machismo culturale, diritti negati e delle altre campagne dell'organizzazione.

A seguire, proiezione del film
MAGDALENE (di Peter Mullan, UK 2002)

23/03/09

Amnesty contro tortura e detenzione ingiusta

L'intervento di Pasquale Quitadamo - membro del Comitato Direttivo della sezione italiana di Amnesty International - a Diritti Negati.





18/03/09

Nessuna tortura! Amnesty International a DN

“Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizioni crudeli, inumane o degradanti. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato”
ONU, Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, Articoli 5 e 9

Tortura e detenzione ingiusta non riguardano solo Guantanamo o Abu Ghraib, le dittature del passato o i contesti di guerra...
Le violazioni dei più basilari diritti umani sono spesso assai più vicine a noi di quanto si possa credere: basti pensare al G8 di Genova 2001, alla scuola Diaz e alla caserma di Bolzaneto...

Domenica 22 marzo, ore 20.30:
ad aprire la serata sul Diritto alla protezione contro la tortura e la detenzione ingiusta, l'intervento di Riccardo Noury, Direttore dell'Ufficio Comunicazione di Amnesty International - Sezione Italiana.

A seguire, proiezione di
GARAGE OLIMPO (di Marco Bechis, Argentina-Italia 1999)


Diritti Negati appoggia la campagna
PIU' DIRITTI PIU' SICUREZZA
Partecipa su www.amnesty.it alla campagna di Amnesty International per fermare le violazioni dei diritti umani nella "guerra al terrore"

17/03/09

Domenica 22 marzo: GARAGE OLIMPO

Argentina fine anni '70: un paese "normale"

Maria è attivista in un'organizzazione contro la dittatura in Argentina. Insegna a leggere e scrivere nelle baraccopoli e vive con la madre in una vecchia casa insieme ad altri giovani. Un giorno la giovane viene arrestata dai soldati in borghese, sotto gli occhi della madre, e rinchiusa nel famigerato Garage Olimpo. Maria diventa una dei tanti desaparecidos.

Buenos-Aires 1976-83: la vita scorre regolarmente. Normali e trafficati sono i larghi viali della città attraverso i quali si muovono le automobili che conducono a casa o al lavoro cittadini di una paese civile; normale e tranquillizzante la programmazione via radio che intrattiene con canzoni ballabili e partite di calcio ascoltatori ignari; bambini nuotano in piscina e vecchietti portano a spasso il cane davanti a locali chiusi al cui interno si svolge in modo normale e professionale il lavoro che militari in borghese o paramilitari dall'aspetto impeccabile compiono quotidianamente: torturare scientificamente e dopo un tempo variabile "regolarizzare" i prigionieri politici...

Questo è il punto cardine del film di Marco Bechis: la "normalità" di un orrore del tutto ignoto alla popolazione, almeno di quella non coinvolta, di quella che accettava la dittatura di Videla, anche perché qualsiasi tentativo di un parente di cercare gli scomparsi o diffondere la notizia delle sparizioni portava sistematicamente alla sua soppressione.

Tra il 1976 e il 1983 in Argentina, sotto la dittatura militare che mise fine al peronismo, hanno funzionato 365 luoghi di detenzione clandestina in cui sono stati torturati e fatti "scomparire" 30.000 cittadini, per dare corso ad un folle "Proceso de Reorganizaciòn Nacional" mentre il paese moltiplicava vertiginosamente gli affari con investimenti che arrivavano da tutto il mondo.

Oggi molti dei responsabili dello sterminio circolano liberamente per le strade: sequestratori, torturatori, colonnelli, generali. Capita di incontrarli in un bar, in un ristorante, in un cinema. Capita anche che qualcuno li riconosca e li insulti. In genere il criminale accenna un sorriso beffardo e si risiede a tavola, bene o male è soddisfatto di essere ancora qualcuno. Ecco cos'è l'impunità.


Domenica 22 marzo h.20.30
intervento di Amnesty International
e a seguire
GARAGE OLIMPO (di Marco Bechis, Argentina-Italia 1999)

16/03/09

FLC-Cgil e Osservatorio sul Razzismo a Diritti Negati

Gli interventi di Beniamino Lami della FLC-Cgil e dei professori-ricercatori Michela Fusaschi e Francesco Pompeo dell’Osservatorio sul razzismo e le diversità "M. G. Favara" del Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università Roma Tre






12/03/09

Scuola, integrazione e antirazzismo

"Ogni individuo ha diritto all’istruzione. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi"
ONU, Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, Art. 26

La seconda serata di Diritti Negati, domenica 15 marzo dalle 20.30, si aprirà con un duplice intervento, per parlare di tolleranza, antirazzismo e diritto all’istruzione per tutti, in un momento così difficile per la scuola pubblica italiana.

Saranno presenti i professori Michela Fusaschi e Francesco Pompeo dell’Osservatorio sul razzismo e le diversità "M. G. Favara" del Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università Roma Tre, che da anni osserva le diverse pratiche di esclusione, a partire dalla relazione tra identità, appartenenze e processi di costruzione sociale della differenza.

A seguire l'intervento di Beniamino Lami della FLC-Cgil, che con il sindacato sta curando delle “Linee di piattaforma per l’inserimento degli alunni immigrati nella scuola italiana”.


A seguire:
Machuca
di Andrés Wood (Cile 2004)

10/03/09

Domenica 15 marzo: MACHUCA

L'antirazzismo parte dalle scuole
Una bella storia sull’amicizia tra due bambini. Sullo sfondo il crollo della democrazia in Cile

Santiago del Cile, 1973. Gonzalo Infante e Pedro Machuca, undicenni, vivono in due zone vicine ma opposte: il primo in un lussuoso quartiere e il secondo in una baraccopoli. Padre McEnroe, preside della scuola e fervente nel credere alla commistione tra idee socialiste ed egualitarismo cristiano, cerca di favorire l'integrazione tra i due mondi e con l'appoggio dei genitori degli studenti, ammette i ragazzi della baraccopoli nella sua scuola.
Divise ordinate e maglioni bucati, abitazioni lussuose e catapecchie di una baraccopoli abusiva, timidezze da esclusi e arroganza dei privilegiati, agiatezza e povertà. Tra Pedro e Gonzalo nasce un’amicizia complicata e guardinga fatta di incomprensioni e sospetti, di complicità effimere, di una vicinanza senza futuro...

Nel 1973 capo dello stato è Salvador Allende, i ricchi temono per i loro beni accumulati ed i poveri cominciano a sperare in una fettina della torta che contribuiscono tutti i giorni ad impastare. Il regista cileno Andrés Wood racconta i giorni dell’ira e della catastrofe politica partendo dalle aule di un’esclusiva scuola privata dove il preside vorrebbe favorire l’integrazione di alcuni studenti che appartengono ad una realtà sociale molto diversa da quella da cui arriva la maggior parte degli studenti.
Ma contrariamente a quello che piace pensare, i bambini non possono salvare il mondo. Soprattutto se il mondo è il Cile di quei giorni, in cui la democrazia di Allende si sbriciola nella violenza, nel sangue, nella rabbia sociale e viene spazzata via dal colpo di stato dei militari.

Il percorso di integrazione dei due mondi opposti termina nel momento stesso in cui Allende viene assediato e costretto a togliersi la vita. I militari salgono al potere e tutti coloro che avevano sostenuto il presidente subiscono maltrattamenti, deportazioni, morte. Le ingiustizie e la violenza militare imbavagliano una parte del popolo, preservando i privilegi di coloro cui non è dato vedere la sofferenza che risiede dietro ai propri lussi, e distruggendo quel mondo più aperto al quale qualcuno cominciava a credere...

Wood propone una storia semplice, molto ben interpretata da bambini alle prime esperienze. Senza bisogno alcuno di puntare il dito contro la dittatura, lascia che lo sviluppo mostri gli estremismi prima di cercare i punti di incontro di mondi molto distanti. Gli occhi dei bambini protagonisti ci conducono lentamente alle soglie dell'orrore, lasciandoci perplessi sull'assurdità della guerra civile, sul sangue dei fratelli, sul sacrificio degli umili, sullo sperpero dei vincitori e incapaci di reagire di fronte ad una violenza tanto lucida ed organizzata.

Grande e piccola storia si fondono per mostrarci la realtà senza eroismi o ipocrisie, pregna d'amore abortito sull'altare del potere.

MACHUCA (di Andrés Wood, Cile 2004)

Francesco Sinopoli (CGIL) a Diritti Negati





04/03/09

Adesioni alla rassegna

Hanno già aderito a Diritti Negati le seguenti organizzazioni impegnate in vario modo per la tutela dei principali diritti civili:

Un rappresentante della CGIL aprirà la prima serata (8 marzo) sul tema del diritto al lavoro.

La seconda serata (15 marzo) vedrà ospite l'Osservatorio sul razzismo e le diversità "M. G. Favara" del Dipartimento di Scienze dell'Educazione dell'Università Roma Tre e la FLC Cgil per parlare di tolleranza e diritto all'istruzione per tutti.

Amnesty Italia porterà il suo contributo e la sua esperienza in occasione della terza serata (22 marzo) dedicata al diritto alla protezione contro la tortura e la detenzione ingiusta.

Le ossessioni securitarie della città contemporanea saranno al centro della quinta serata (5 aprile, diritto alla sicurezza) con la partecipazione di Lunaria.

Il 19 aprile (diritto alla libertà di movimento) parole e immagini su immigrazione clandestina e diritto di asilo con l'intervento del Consiglio Italiano per i Rifugiati, mentre la libertà di espressione e informazione è il diritto per cui si batte Articolo 21, che ce ne parlerà il 10 maggio.

Infine il 17 maggio, giornata mondiale contro l'omofobia, Diritti Negati chiuderà con l'intervento dello stesso Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, da sempre impegnato nella lotta contro la discriminazione basata sull'identità di genere e per una cultura delle differenze.

Non mancate di visitare queste pagine per ulteriori aggiornamenti.

01/03/09

Domenica 8 marzo: I LUNEDÌ AL SOLE

Diritti Negati parte con il Diritto al lavoro

“Ogni individuo ha diritto al lavoro, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione”
ONU, Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, Art. 23


È "I lunedì al sole", dello spagnolo Fernando León de Aranoa, il film che apre la rassegna del Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli sulle violazioni dei diritti umani, sul tema del diritto al lavoro.

Gijón è una città della costa settentrionale della Spagna, cresciuta a dismisura a causa dello sviluppo industriale ma ora alle prese con l'immigrazione e la disoccupazione. Santa, Josè, Lino, Reina, Amador, Serguei: amici da sempre, che dopo aver perso il lavoro ai cantieri navali, consumano i giorni tra bevute al bar, discorsi filosofici, e improbabili ricerche di nuove occupazioni. Fra le malinconie di un futuro difficile e le gioie momentanee che scrosciano all'improvviso. Sempre pronti a non dimenticare l'unico bene prezioso che è rimasto loro: la dignità.

A León de Aranoa interessano le piccole grandi sporcizie che si insinuano nelle intercapedini delle società occidentali post-industriali. Interessano la capacità di resistenza umana, il valore etico dell'unità («Abbiamo perso - dice Santa – perché non siamo rimasti uniti; e perdendo il lavoro abbiamo ucciso il futuro dei nostri figli»).

Con un linguaggio tradizionale ma scarno, che si tiene alla larga dalla retorica, confeziona così un film militante e ideologico senza il linguaggio della militanza e dell’ideologia. Investito da un diluvio di Premi Goya (l'equivalente spagnolo dei nostri David), il giovane e talentuoso regista ha realizzato un'opera che si avvale di una scrittura sapiente e, soprattutto, di una recitazione magistrale di tutti gli attori, in special modo di Bardem, giunto ormai ad una fantastica maturità espressiva.

Un piccolo capolavoro che commuove senza indisporre, fa riflettere senza essere saccente, e talora trova anche il tempo di farci divertire.

18/02/09

Rassegna di cinema sociale a San Paolo

Contro ogni forma di discriminazione

In occasione del 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dell’ONU, il Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli organizza dall’8 marzo al 17 maggio una rassegna di cinema sociale sul tema della violazione delle libertà personali e dei diritti fondamentali.

Gli incontri si terranno ogni domenica dalle ore 20.30 presso la sede dell’associazione, in via Efeso 2a, a pochi passi dalla stazione della metro B “Basilica S. Paolo”.

Ogni proiezione (prevista per le ore 21) sarà preceduta da un’introduzione a cura di un’associazione o organizzazione attiva localmente per il riconoscimento del diritto in questione.

Da sempre impegnato nella lotta per la rivendicazione e la tutela dei diritti civili delle persone glbtq (gay, lesbiche, bisessuali, trans/gender, queer) e della persona in genere, il Circolo Mario Mieli continua ad appoggiare molteplici battaglie per la difesa delle libertà fondamentali di tutte le minoranze vittime di discriminazione, per una cultura delle differenze.


N.B. Per partecipare alle attività occorre sottoscrivere la tessera associativa mensile del costo di 3 euro.

Programma

1. Diritto al lavoro

“Ogni individuo ha diritto al lavoro, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione”

ONU, Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, Art. 23

Domenica 08 marzo 2009 h.20,30

I lunedì al sole (di Fernando León de Aranoa, Spagna 2002)


2. Diritto all'istruzione

“Ogni individuo ha diritto all'istruzione. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi…”

ONU, Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, Art. 26

Domenica 15 marzo 2009 h.20,30

Machuca (di Andrés Wood, Cile 2004)


3. Diritto alla protezione contro la tortura o la detenzione ingiusta

“Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizioni crudeli, inumane o degradanti. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato”

ONU, Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, Art. 5 e 9

Domenica 22 marzo 2009 h.20,30

Garage Olimpo (di Marco Bechis, Argentina-Italia1999)


4. Diritto alla vita e alla libertà individuale

“Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona. Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù”

ONU, Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, Art.i 3 e 4

Domenica 29 marzo 2009 h.20,30

Magdalene (di Peter Mullan, UK 2002)


5. Diritto alla sicurezza

“Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale”

ONU, Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, Art. 22

Domenica 05 aprile 2009 h.20,30

La zona (di Rodrigo Plà, Messico 2007)


6. Diritto alla libertà di movimento e diritto di asilo

“Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni”

ONU, Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, Art. 13 e 14

Domenica 19 aprile 2009 h.20,30

Cose di questo mondo (di Michael Winterbottom, UK 2002)


7. Diritto alla libertà di espressione

“Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione e di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”

ONU, Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, Art. 19

Domenica 10 maggio 2009 h.20,30

Good night, and good luck (di George Clooney, USA 2005)


8. Diritto alla non discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”

Costituzione della Repubblica Italiana, Art. 3

Domenica 17 maggio 2009 h.20,30

Stonewall (di Nigel Finch, UK 1995)